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Dall'Olio (PD): "Il fallimento della SPIP comporterebbe il crollo del rating del Comune"

27 febbraio 2013

Pubblicato in: Gruppo PD Comune PR

La vicenda del debito della SPIP è una questione delicata e complessa su cui non è facile esprimere un giudizio univoco su quale sia la migliore strada da percorre nell'interesse della città: meglio il fallimento o il concordato preventivo? La "Commissione Audit" sostiene da tempo che si debba lasciare fallire la SPIP. In questo modo si potrebbero perseguire penalmente per bancarotta fraudolenta i responsabili del dissesto finanziario e si eviterebbe di fare ricadere il peso del debito sulle spalle del Comune e, quindi, dei cittadini che già devono sopportare rincari dei servizi e tasse comunali ai massimi consentiti. A rimetterci sarebbero solo le banche che hanno finanziato le operazioni di acquisto dei terreni, con prezzi due o tre volte superiori a quelli di mercato, in vista di una enorme espansione artigianale che aveva unicamente fini speculativi e di arricchimento personale. Sembrerebbe la soluzione perfetta. Chi non vorrebbe infatti che a pagare, sia penalmente che economicamente, fossero solo i responsabili della creazione di un debito che supera i 100 milioni di euro? Ma la questione, come detto, non è semplice. Il fallimento della SPIP comporterebbe il crollo del rating del Comune, con incremento degli oneri per interessi passivi e il verosimile blocco di ulteriori prestiti bancari. Questo a sua volta potrebbe innescare un effetto domino e portare al fallimento di STT e a catena di tutte le altre partecipate che si tiene in pancia, fino a travolgere lo stesso Comune, con danni e costi difficilmente quantificabili per la città. Come abbiamo già sottolineato, c'è in sostanza il rischio che fallendo SPIP crolli il precario castello di carta del sistema delle partecipate portando al dissesto la città. D'altra parte è vero che il concordato previsto per SPIP, per quel che ci è dato di conoscere, comporta un ulteriore esborso di denaro pubblico, nonostante le decise smentite dell'assessore Capelli in Consiglio Comunale. Oltre ai 2,8 milioni di euro che STT dovrebbe versare in cambio dei risarcimenti incerti delle azioni di responsabilità, c'è in ballo anche la conversione in area edificabile artigianale dei 550.000 mq di SPIP3. Il piano urbanistico attuativo (PUA) è stato infatti per ora solo adottato, ma è evidente che le banche creditrici, per tutelare il valore dell'area, subordineranno la sottoscrizione del concordato all'approvazione del PUA da parte del Consiglio Comunale. Un provvedimento che manderebbe ancora una volta a pallino gli impegni presi dall'amministrazione comunale contro il consumo di suolo. Come uscirne quindi? Fino ad ora l'assessore Capelli ha affrontato il problema del debito delle partecipate trattandole separatamente, una alla volta. Ma forse l'unica vera soluzione è quella di ricercare un maxi concordato con le banche per l'intero gruppo Parma, ristrutturando il debito delle partecipate nel suo complesso e mettendo in sicurezza le casse comunali. Il problema è che, anche a causa di queste operazioni finanziarie insostenibili, la governance delle banche creditrici non sta più in città. Qui si tratta di mettere intorno a un tavolo gli amministratori di gruppi bancari di rilievo nazionale e internazionale, come Credit Agricole o Intesa, per cercare un accordo che salvi la città dal dissesto. Ma per fare questo c'è bisogno del concorso di tutte le forze economiche e sociali, al di là delle contrapposizioni politiche e degli interessi di parte, e di un forte sostegno a livello di governo centrale, come d'altronde già accaduto per il crac Parmalat con la legge Marzano. E soprattutto c'è bisogno che l'amministrazione comunale esca dal suo isolamento e dalla sua autoreferenzialità e ammetta che da sola non è in grado di trovare la via di uscita.
Gruppo consiliare PD


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