La mia impressione è che, andando dietro l'impostazione ricercata dall'interessato e dal PdL e favorita dall'approccio mediatico, si sia data l'idea che la questione dell'ineleggibilità del Senatore Silvio Berlusconi sia un problema politico e non giuridico, con la conseguenza di adeguarsi, o subire, l'ennesima manipolazione o mistificazione della realtà, attuata per ribaltare a proprio favore una situazione che dovrebbe invece chiamare ad un atto di personale responsabilità nei confronti delle istituzioni. Per il Pd avvallare e assecondare questa idea è, con tutta evidenza, autolesionismo puro, perché significa creare nei militanti l'idea che la decisione sulla ineleggibilità sia libera e volontaria: una scelta politica in senso classico. Questo creerebbe ・ e se ne vedono già i primi segni ・ le premesse perché l'eventuale decisione favorevole al Senatore Berlusconi venga valutata alla stregua della scelta (quella sì tutta politica) di votare il governo di cosiddette larghe intese. Non è così! L'ineleggibilità, infatti, è, decisione da prendere su un piano obiettivo, esclusivamente un problema di stretta legalità, riguardante il diritto costituzionalmente garantito all'esercizio delle funzioni pubbliche nel ricorso dei presupposti indicati dall'ordinamento. E', quindi, una questione che va decisa, partendo dalla puntuale ricostruzione del Senatore Berlusconi rispetto a Fininvest, Mediaset o qualsiasi altra società concessionaria, e valutando, di conseguenza, se ricorra in concreto una delle fattispecie di ineleggibilità previste dal D.p.r. 361 del 1957. Proprio per la natura del compito e dell'incidenza su diritti costituzionali, la giunta per le elezioni svolge, in questi casi, come ha ricordato il Senatore Casson, una funzione para giuridizionale, cioè simile a quella di un giudice: deve decidere sui diritti secondo diritto. Per questo deciderò ・ come ho già avuto modo di dire ・ secondo scienza e coscienza, studiando le carte e le decisioni passate (per informazione e non perché valgano come precedente in senso tecnico), ascoltando e riflettendo su tutte le opinioni, giuridiche e non giuridiche, espresse anche da voci autorevoli della Politica, ma soffermandomi, per le ragioni dette, solo sulle opinioni giuridiche, e non su quelle di chi già parla, con una gratuità che sinceramente stupisce, di cedimenti al Senatore Berlusconi. La mia (modesta) storia politica testimonia la costante e ferma opposizione alla politica berlusconiana, condotta senza smagliature. L'adesione all'appello di Micromega testimonia, altresì, quanto io sia convinto, politicamente, dell'esistenza e dell'enormità del conflitto di interessi del Senatore Berlusconi, un conflitto di interessi che la legislazione di paesi democratici avanzati impone di eliminare se non si vuole cadere nell'ineleggibilità. Come membro della giunta delle elezioni del Senato, per le mie convinzioni personali e come militante del Pd che ha fatto della legalità un suo dato caratterizzante mi rifiuto di accettare l'idea che il Sì o il No possano essere decisi secondo le logiche, le convenienze, le convinzioni politiche o o le tattiche a favore o contro il governo Letta. So che, a parti invertite, il PdL si muoverebbe in modo opposto, ma non vedo una ragione per la quale dovrei fare miei il disprezzo delle regole e la pretesa della superiorità alla legge, che sono state tra le principali ragioni della mia opposizione al Senatore Berlusconi.
Senatore Giorgio Pagliari
Membro della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari