Gentile Direttore, il 16 marzo del 1978 avevo poco più di 20 anni e ricordo bene quando alla radio irruppe la notizia del rapimento di Aldo Moro.
Così come non potrò mai dimenticare lo sconcerto che in tanti provammo quando Renato Curcio, poche ore dopo il ritrovamento del corpo straziato di Moro nella Renault 4 Rossa in via Caetani, definì lo statista "un criminale politico" e salutò come un "un atto di giustizia rivoluzionaria" la sua esecuzione.
Giovedì scorso, 35 anni dopo quei fatti, Curcio è arrivato nella nostra città per un incontro pubblico nella biblioteca Civica, sede prestigiosa e istituzionale. Ho voluto astenermi fino ad oggi da qualsiasi intervento per evitare che una parola di troppo potesse dare luogo ad una bagarre strumentale sulle opinioni e il venir meno di una decisione serena da parte del sindaco Pizzarotti. Ma oggi, dopo la scelta del silenzio e della non azione da parte del nostro primo cittadino, commento, semplicemente, un fatto: a Curcio il Comune di Parma non ha presentato il conto della memoria. Negargli l'uso della Civica sarebbe equivalso a testimoniargli il no di una comunità non solo per il suo passato ma anche e soprattutto per il suo presente di ex brigatista che, come altri, non si è mai dissociato e nemmeno ha avuto, nonostante il carcere, uno slancio di pietas né per i famigliari né per chi è stato ucciso.
E lo dico con l'emozione di cittadina che ha avuto l'onore di potersi impegnare in una organizzazione sindacale come la Cgil, cui le Br hanno ammazzato Guido Rossa e provato a impedirne il ruolo di grande forza democratica e del dialogo.Ho apprezzato il tono e gli argomenti usati dalla Gazzetta di Parma per chiedere al Sindaco un atto né di coraggio, né ideologico, ma solo e soltanto di profondo rispetto per la nostra democrazia e per chi ha visto parenti, amici, colleghi, compagni di partito e di sindacato cadere sotto il piombo del terrorismo. Un impegno civile come quello riscontrato quando la città è stata chiamata a dover discutere di altri estremismi, come, ad esempio, le provocazioni neofasciste di Casa Pound, realtà che continuo a ritenere aliena rispetto ad una città che è medaglia d'oro della Resistenza. Nondimeno, però, ritengo che debba rinnovarsi un impegno corale - dei cittadini, delle Istituzioni, del nostro straordinario tessuto associazionistico - per tornare a parlare di memoria, di passione civile e di cultura democratica, prima di tutto tra i ragazzi, nelle scuole. Conoscere cosa siamo stati, per che Paese e quali ideali abbiamo combattuto, li aiuterà ad essere costruttori del loro e del nostro futuro. E, per piacere, non chiamatela retorica.
Spett.le on. Maestri
Sono un suo elettore nato nel 1950 e avendo lavorato a Milano può ben capire come ho vissuto quei tragici periodi.
Condivido quanto da Lei asserito, Le ricordo comunque che queste manifestazioni vanno FERMATE PRIMA, perché le lettere alla Gazzetta hanno un sapore di lamentela inutile.
Invierò anche al responsabile della Civica una mail di protesta
saluti GINO
Scritto da Matteucci Gino in data 12 giugno 2013 alle 16:40