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La stella polare delle Politiche Sociali. Di Maurizio Vescovi (PD)

9 luglio 2013

Pubblicato in: PD Parma Città

Dovremo cominciare a parlare di politiche sociali con una stella polare che guidi il nostro cammino e il nostro pensiero: posporre i bilanci alle scelte politiche. E non viceversa. È la politica che deve guidare l'allocazione delle risorse ed è la politica che - ispirandosi ai principi - deve trovare le risorse per dar corpo al progetto "politico-amministrativo". Dovremo farci guidare nel percorso per la costruzione dei progetti futuri tenendo ben saldi alcuni punti fermi e irrinunciabili alla costante -faticosa - ricerca dell'avanzamento nella qualità dei servizi. Senza sperperi, s'intende. Potremo tagliare dove ci sono sprechi e iniquità senza recidere i fiori che nascono e le piante che danno buoni frutti senza - mai - distogliere lo sguardo dal presente e dal futuro della nostra comunità. Dovremo cominciare con il conservare - gelosamente - ciò che và bene e che funziona. Dovremo cominciare a tenerci con cura i tesori di esperienza che costituiscono il nostro patrimonio di "buone pratiche". Dovremo pensare alla nostra comunità che sa difendere - senza balbettamenti e senza tentennamenti - ciò che di buono c'è in questa città nei servizi alla persona. Quelli sono i capisaldi. Senza questi elementi - ben chiari - da cui partire per l'evoluzione dei Servizi si corre il rischio di smarrire la strada del miglioramento della qualità. I famigliari dei pazienti gravi/gravissimi (ci sono fra di loro molti cerebropatici con gravi deficit motori) del Centro Lubiana e della residenza Varese sono preoccupati delle possibili imminenti (o già prese?) decisioni dell'Assessore Rossi riguardo al possibile trasferimento dei lori cari in Via Casaburi. L'opposizione a questo assurdo provvedimento nasce da una molteplicità di considerazioni. Ci sono ragioni "storiche" e affettive. Com'è possibile soltanto ipotizzare un trasferimento di persone che hanno condotto la propria - intera - esistenza nella "loro" casa - in Via Oradour e in Via Varese - all'interno di comunità di appartenenza vissute, perciò, come luoghi "fisici" ed affettivi, senza pensare al pesante prezzo da pagare dei contraccolpi psicologici di un simile cambiamento. Come è possibile pensare che un allontanamento - dopo una vita - dai luoghi famigliari e domestici non possa creare squilibri e difficoltà in chi, oltretutto, ha già patito tante  sofferenze e tanti disagi? Com'è possibile non pensare che far patire ulteriori sofferenze a chi si trova in situazioni di fragilità non possa diventare una penalizzazione insopportabile? Com'è possibile che una operazione di questo tipo non sia stata attentamente valutata prima di essere annunciata?Un'operazione di questo genere e in questa direzione non può e non deve passare nel silenzio e nella indifferenza della comunità. Siamo chiamati tutti - cittadini e amministratori - ad esprimerci. Ci sono molti motivi "culturali" di opposizione alla realizzazione di un piano di trasferimento degli ospiti dei due centri. Portare entrambe le comunità - Centro Lubiana e Residenza Varese - in un unico luogo - Via Casaburi - fa realizzare - e dà corpo - una nuova  ghettizzazione dei disabili. Sappiamo bene che comunità "accorpate" possono dare origine  a un "cronicario" dove le diversità si connotano per lo "stigma" del luogo deputato ad essere "contenitore" di ciò che si vuole allontanare dal corpo-città. Via Casaburi potrebbe diventare, così - ma non accadrà - la riproposizione di luogo dell'esclusione e della marginalità che deve essere allontanata dal corpo sociale. Come si può non pensare che la "dimensione" del luogo fisico di una comunità entra a far parte - a pieno titolo - delle variabili di "qualità" del servizio offerto? La storia si ripete, tristemente: i folli, i disabili, i "diversi" da noi vengono esclusi. Si perderebbe totalmente la stella polare della progettualità che vede le persone disabili al centro, ciascuna, della propria vita. Davvero non si può pensare a niente di tutto questo. Un abbaglio - questa idea - che costituirebbe un passo indietro nella storia dei servizi alle persone in difficoltà nella nostra città,un passo indietro nella stessa evoluzione dei servizi. Un tradimento della mission nei servizi alla persona. Si ha ragione di temere, insieme, una riduzione del personale di assistenza (per ventilati, possibili risparmi): l'accorpamento produrrebbe, infatti, contenimenti di spesa (con possibile riduzione del numero degli operatori, così ci sarebbe - ad effetto domino - altra gente per strada......). In Via Casaburi, invece, si potrebbe fare un Centro polifunzionale (una trattoria a piano terra? Una struttura anche per bambini? Una struttura d'accoglienza?), ma non un ghetto-cronicario.
Dobbiamo pensare anche ai ragazzi disabili che hanno terminato o stanno concludendo il ciclo di studi delle scuole superiori e dovremo pianificare le traiettorie di indirizzo per i prossimi 10 (dieci) anni. Non soltanto dovremo pensare al presente ma guardare anche più in là. In base ai dati e alle proiezioni si può già fare una programmazione nei servizi senza che tutto si trasformi in emergenza. L'impreparazione al futuro è, spesso, la causa di situazioni emergenziali che tali non sarebbero se  fossero state previste, quand'era possibile e come sarebbe stato possibile.
In questo senso è auspicabile che diverse voci - e non solo dal mondo politico-amministrativo - si uniscano per chiedere all'Assessore di rivedere le proprie decisioni.
Intanto, queste argomentazioni - condivise con il collega consigliere Giuseppe Bizzi - costituiscono una prima riflessione sulle politiche sociali, per opporci con tutte le energie possibili ad un progetto che và rimesso subito in un cassetto, per rimanerci definitivamente.

Maurizio Vescovi-Medico


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