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Vescovi (PD). La relazione paziente disabile/operatore come valore imprescindibile

28 agosto 2013

Pubblicato in: Gruppo PD Comune PR

La  vicenda del riguardante il  ventilato trasferimento  dei pazienti disabili- gravi e gravissimi- accolti nei centri residenziali cittadini Lubiana e Varese alla volta di Via Casaburi, offre lo spunto per riflettere sul tema della assistenza a persone in situazione di fragilità. Una riflessione che vorrebbe considerare non solo gli aspetti-strategicamente rilevanti e irrinunciabili-di tipo  logistico,più volte chiamati in causa, precipuamente, sulla questione/via Casaburi, ma spingersi anche più in là fino al tema piu' ampio delle relazioni come elemento qualificante dei processi di assistenza.

E' l'occasione giusta-questa del "trasloco-progetto" che-così com'è-mai si farà- per fermarsi a pensare sui valori fondanti di una buona prassi assistenziale.
L'assistenza-ogni atto assistenziale, di cura della persona, educativo e riabilititativo- e' essenzialmente una relazione interpersonale. Una relazione/rapporto che coinvolge emotività-emozionalità e affettività. Ogni atto di cura-pur con la necessaria attribuzione di valenza professionale-và ben al di là della "prestazione". A questa premessa assolutamente- volutamente- scontata , non sfugge, altrettanto palesemente, ogni relazione e atto  di presa in carico delle persone disabili, piu' o meno fortemente condizionate dai propri handicap/deficit e/o disagi.Anzi-proprio in ragione di questo universo emotivo che entra in gioco per la peculiarità intrinseca che riguarda l'intimo sviluppo del rapporto di cura-la"relazione"-ancor di più se possibile fra operatore e persona"fragile"-è essa stessa atto terapeutico.

Di questa relazione sono soggetti attivi -ed artefici primi -gli operatori dei centri, che prestano il
loro servizio professionale e mettono in campo le proprie competenze-il proprio know how e la propria umanita'- nella interazione con gli ospiti. E' del tutto evidente che entrambe queste risorse- formazione e capacita' nella prassi quotidiana- empatia e facilita' comunicativo-relazionale
con gli ospiti e i familiari, sono doti individuali, soggettivamente e personalmente "spendibili" da ciascun operatore, nel qui ed ora di ogni situazione o rapporto di cura e di assistenza.La relazione è quindi un talento prezioso che và coltivato e và custodito e tutelato.Il mondo relazionale è il substrato-l'humus-da cui partire per proporre la"personalizzazione"degli interventi di recupero e cura. Non e'  possibile negare il valore della unicita' di ciascuna relazione che si instaura- che si e' instaurata negli anni-nel tempo lungo di una vita trascorsa da molte persone disabili nella struttura di accoglienza, fra operatori, singolo operatore, e ospiti, singolo ospite. Semplicemente perche' ogni rapporto, ogni storia di accudimento, di riabilitazione, di amicizia, e' unica.

Sarebbe un errore imperdonabile sminuire il valore e la valenza terapeutica e salutare di questo
dato di realta', pensando, azzardando, alla facile intercambiabilita', alla semplificatoria sostituibilita' degli operatori "storici" delle strutture, con altri, sicuramente altrettanto preparati e adeguati sul piano umano e professionale, ma, appunto, "altri". Quindi inevitabilmente "fuori" da una storia relazionale, prima ancora che assistenziale; fuori e- va messo in conto-  estranei ad un dialogo non sempre fatto di parole, ma retto da un codice comunicativo fra operatore e disabile che si struttura e si perfeziona nel tempo.L'acquisizione di una grammatica comunicativa che diventa-a pieno titolo-linguaggio(verbale e/o non verbale), con una sintassi unica ad hoc,è un processo che matura nel tempo.

Ecco, nel rapporto di presa in carico delle persone con disabilita' delle persone fragili o "altrimenti forti", volendo prendere a prestito una espressione ormai inflazionata, la variabile tempo e' e rimane imprescindibile. Il tempo lungo delle relazioni non ammette deroghe ne' infingimenti o calcoli di maggiore sostenibilita' economico-gestionale.

Nemmeno nelle congiunture di crisi, nemmeno al cambiare delle cooperative dalle quali gli operatori dipendono. Le relazioni umane, interpersonali che hanno come soggetti i soggetti fragili, all'interno di un percorso assistenziale e terapeutico necessitano di stabilita' e di durata nel tempo.
Scarsa flessibilita' al cambiamento/ al turn over degli operatori/ professionisti?Assolutamente no!Si tratta' di  lucida consapevolezza della importanza strategica/cruciale di mantenere vive e attive le risorse e le autonomie che negli ospiti delle comunità si sono conservate e spesso implementante anche grazie alla"relazione".


Maurizio Vescovi-Medico



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