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Maurizio Vescovi (PD): "Perché sostengo Civati"

21 novembre 2013

Pubblicato in: Congresso 2013

Mancano pochi giorni alla data fissata per le primarie del Pd. Dalla consultazione dovrà uscire il nome del prossimo segretario del maggior partito della nuova sinistra italiana.

È un appuntamento importante, che guarda al futuro. Tuttavia, nel guardare al futuro, ai giorni che seguiranno l'8 dicembre, scelto come giornata di votazione, occorre decidere se e di quanto sia necessario ri-guardare il passato, ri-guardare al passato. Apparentemente un paradosso, forse: il futuro richiede che lo sguardo sia proteso in avanti, con fiducia e con convinzione nelle proprie possibilità, cioè nelle possibilità di crescita e di sviluppo, di rigenerazione e di riorganizzazione del partito e del paese. O meglio, del partito con il paese, e viceversa. Eppure, sono convinto che una "retro-visione" sia indispensabile per ricomporre la fisionomia del Pd, per riappropriarsi - come iscritti e come elettori - ma soprattutto come cittadini italiani che si riconoscono nei valori veri del centrosinistra - distintamente distinguibili da quelli delle altre formazioni partitiche o movimentiste - di una identità condivisa.

Quindi, in questa delicata fase della vita politica del paese e della parabola esistenziale del Pd, può essere utile fermarsi un attimo,  sospendere per qualche ora per recuperare l'idea originaria di ciò che questo partito avrebbe dovuto essere nelle intenzioni dei suoi promotori e fondatori.
C'è stata una stagione, infatti, nella quale pensare ad un partito nuovo, non ad un nuovo partito, era una volontà condivisa. E il "partito democratico" rappresentava non solo l'innovazione, la scelta progressista, un approdo cui tendere, ma anche il luogo del confronto su temi e valori fortemente radicati "nella" e "sulla" costituzione, su un'idea di Europa come casa comune, su un'idea di collettività capace di esprimere e di agire i valori della laicità, della solidarietà, della condivisione, del superamento delle diseguaglianze sociali, della tutela dei diritti di cittadinanza e dei beni pubblici come parte integrante e imprescindibile del bene comune.

Un'idea di partito - e di paese - quindi, lontana da  concessioni al leaderismo, da incresciose spinte a far coincidere il partito con un nome e cognome - il partito di - con la nascita conseguente di correnti e fazioni interne.
Credo sia indispensabile, perciò, recuperare questa idea di partito, ponendo alcuni punti di riferimento irrinunciabili, intorno ai quali incardinare il manifesto del nuovo Pd: non un Pd che sia il partito del prossimo segretario, ma un Pd che sia il luogo del confronto e dell'esercizio di una modalità decisionale condivisa e collettiva. Un partito che non si chiuda - ripiegandosi - sulle scelte di vertice, ma che metta a frutto e tragga spinta all'agire e al decidere sulle questioni e sui temi, dalle indicazioni e delle scelte degli uomini e delle donne che vogliono continuare a dargli fiducia, a sentirsi "nel" e "con" il Pd.

Il nuovo segretario dovrà essere capace di dare garanzie precise, sui contenuti e sui metodi sui quali e con i quali si muoverà il Pd. I contenuti sono dettati dalla storia e dal dna del Pd stesso - tutore e cultore della costituzione, dei diritti civili di tutti e di ciascuno - e sono dettati dalle contingenze e dalle emergenze, mai veramente affrontate, di questi anni: la crisi economica, la disoccupazione, il segno meno alla voce produzione, la progressiva erosione delle speranze dei giovani, l'illividire delle condizioni di vita di troppe famiglie, giovani e meno giovani, di pensionati e persone sole che vivono un quotidiano di ristrettezze e rinunce, anche all'essenziale. Ma ci sono, ovviamente, contenuti dettati da emergenze non strettamente economiche: il tema annoso dell'immigrazione e della cittadinanza, il nodo dei diritti delle famiglie e coppie di fatto, la vergogna del sovraffollamento delle carceri, per citarne solo alcuni fra i più scottanti. E ancora, la improcrastinabilità della riforma elettorale, della semplificazione del quadro politico-istituzionale, una riforma della giustizia che dia risposte vere, in termini di tempi, ai cittadini che vi ricorrono.

Le linee programmatiche sulle quali Giuseppe Civati, candidato alle primarie del Pd del prossimo 8 dicembre, ha definito la propria proposta poggiano su questi contenuti e su altri, altrettanto importanti per il futuro del paese. Contenuti che Civati offre agli iscritti del Pd e agli italiani come questioni dirimenti da affrontare - e da risolvere, finalmente - nei prossimi mesi, da parte della politica. Una politica che, si evince dal documento con cui si è presentato agli elettori, deve tornare a distinguersi, per metodi e per stili capaci di porsi in netta discontinuità con quanto visto negli ultimi anni. Una politica che recuperi lo svantaggio, sempre maggiore nel tempo, rispetto alla cosiddetta anti-politica. Semplicemente, quindi, una politica che sia se stessa - pensiero e azione finalizzati al conseguimento del bene comune dei cittadini e del paese - e che sia ad elevato tasso etico.

Questa accezione della politica, nelle intenzioni espresse da Civati, deve appartenere al Pd, al suo prossimo segretario, a quanti nel partito si riconoscono come iscritti e ne condividono linee, indirizzi, metodi, approcci. Ed è proprio sul tema della condivisione e della valorizzazione degli apporti di quella che un tempo si chiamava la "base" - e che oggi sono i circoli, gli aggregati minori, le individualità che sosntengono e danno linfa al partito stesso - che Civati gioca la propria carta e si pone come alternativa vera ai colleghi candidati. Non un'idea di partito chiuso e autoreferenziale, sembra avere in mente Civati, ma un luogo di elaborazione condivisa di idee che nascono al suo interno o sono frutto della capacità creativa, propositiva, della voglia di fare e di esserci, del senso di responsabilità di tanti verso ciò che dovrebbe premere e stare a cuore a ciascun cittadino: il bene del paese e degli italiani.

Un partito rinnovato, quindi, nel senso che sa guardare avanti, recependo e facendo proprie le istanze di rinnovamento - nella valorizzazione delle diverse forme di partecipazione - ma anche un partito che dalle idee e dalle strade percorse in passato, così come dagli errori fatti, vuole trarre ogni possibile elemento di crescita e di evoluzione positiva.
Nel dare sostegno alla candidatura di Giuseppe Civati alla segreteria del Pd, penso che la sua elezione a segretario del Pd possa far raggiungere più in fretta al partito questi essenziali traguardi.

Maurizio VESCOVI




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