Se ne è andato un amico generoso, incredibilmente capace e competente. Un amico di quelli che si incontrano raramente, del quale ho sempre ammirato la passione con cui per un'intera vita si è speso al servizio degli altri e della sua comunità, sia politica che professionale.
Un amico che si chiama Enrico Barbuti, a cui devo tanto così come, credo, anche la mia città, Collecchio.
Ero sindaco nel 2003, quando il peggiore crac finanziario della storia europea rischiò di spazzare via in un colpo solo la Parmalat, il futuro industriale della nostra terra e, soprattutto, le speranze di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie.
Enrico era una delle colonne della Parmalat fatta col lavoro e non con la speculazione finanziaria. Come operaio entrato prestissimo in azienda e come sindacalista, cresciuto alla scuola unica della concretezza, del dialogo, del confronto duro e serrato ma mai sleale. Una Rsu, si dice nel gergo tecnico. Detta in altre parole: quel compagno di lavoro a cui sai che puoi sempre rivolgerti per trovare una risposta o una parola di conforto.
Con Enrico e tanti altri affrontammo giorni terribili armati solo della determinazione e della forza che nascono da una squadra che sa di non poter mancare l'obiettivo.
Ecco, se penso ad Enrico in queste circostanze, mi viene alla mente una parola: coraggio. Perché ci vuole coraggio a mettersi in gioco in prima persona quando non c'è da cavalcare ma, bensì, ricostruire. Ed Enrico questo coraggio lo ha sempre avuto. Sul posto di lavoro e nel suo impegno politico, come uomo di quella sinistra riformista capace di comprendere che il cambiamento del quale sentiamo tutti un grandissimo bisogno non nasce per delega, nei palazzi del potere, ma germoglia grazie al nostro impegno quotidiano.
Nel suo comune Enrico ha realizzato proprio questo, lavorando giorno dopo giorno per aprire le porte della partecipazione e dell'impegno politico ad una nuova generazione, facendosi carico ancora una volta di ricostruire e unire. La storica vittoria elettorale di pochi giorni fa, porta anche la sua firma, l'impronta di quel progetto.
Per tutto questo e molto altro che non si può comprimere in poche righe, Enrico mancherà terribilmente.
A tutta la sua famiglia voglio porgere un grande abbraccio, ricordando loro che mi sento onorato di aver conosciuto questo uomo straordinario.
Giuseppe Romanini
