Luci e ombre nel nuovo Senato nato dalla Riforma del Governo Renzi e dai suoi passaggi nelle aule parlamentari sono stati messi in luce nel corso di un apprezzato intervento del parlamentare Pd in Commissione affari costituzionali. Nelle sue parole il Senatore Pagliari ha voluto prima di tutto ricordare come la riforma che si accinge ad essere discussa in Senato sostituisca “il bicameralismo paritario con un nuovo bicameralismo differenziato o specializzato: la Camera "politica" e il Senato delle istituzioni territoriali” Una novità importante e pienamente condivisa dal Senatore Pd,
che mette però in guardia dai pericoli insiti in un testo che, dopo il passaggio e le modifiche alla Camera, sembra destinato a svuotare il Senato di contenuti. “E' evidente che il punto cruciale è che il Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali ha senso se la rappresentatività non si riduce ad un fatto meramente formale – dice Pagliari - Con il Senato "versione Senato" la rappresentatività, infatti, aveva una sua dimensione sostanziale e configurava un Senato con proprie competenze e con una propria fisionomia (coerente con il bicameralismo differenziato). Al contrario, il disegno della Camera legittima l'interrogativo: perché il Senato? Credo che il ritorno al testo Senato sia più che auspicabile per realizzare un bicameralismo differenziato e non un suo simulacro. Un simulacro inaccettabile quanto più si tenga presente che il Senato è legislatore costituzionale a tutti gli effetti. D'altra parte, per talune competenze, il testo camera contrasta anche con il divieto del controllore-controllato: la Camera controllerebbe o verificherebbe proprie scelte”.
Critiche anche su un importante aspetto del testo così come licenziato dalla Camera, ossia l'elezione di giudici della Corte costituzionale, nell'impianto attuale riservata al Parlamento in seduta comune. “Esprimo considerazioni critiche su questa decisione della Camera dei Deputati di ripristinare il testo vigente dell'articolo 135 della Costituzione, in riferimento alle elezioni dei giudici della Corte Costituzionale – afferma Pagliari - A mio avviso, infatti, sarebbe preferibile prevedere - come deciso in prima lettura - che due giudici siano eletti dal Senato e tre dalla camera dei Deputati. Risponderebbe coerentemente al nuovo archetipo costituzionale In ragione del forte squilibrio che si determina tra i due rami del Parlamento con la riduzione del numero dei senatori, rispetto al numero dei deputati che resta invariato, infatti, l'elezione dei giudici da parte del Parlamento in seduta comune non appare equilibrata, dal momento che il "peso specifico" del Senato risulterà fortemente ridotto, proprio nell'esercizio di una fondamentale funzione di garanzia.