Un sistema di pagamento per prestazioni occasionali pensato per far emergere il lavoro nero ma che, nel tempo, si è trasformato in un metodo alternativo a veri contratti di dipendenza, con meno tutele e meno garanzie per i lavoratori. Sono i cosiddetti voucher, introdotti nel 2003 e che negli ultimi anni hanno visto uno sviluppo significativo passando dai 23.813.978 buoni venduti nel 2012 ai 69.186.250 del 2014, nei primi 11 mesi del 2015 i voucher venduti sono stati oltre 102 milioni, con un incremento medio nazionale, rispetto al corrispondente periodo del 2014, pari al 67,5%. E’ su questo tema che la deputata del Partito democratico Patrizia Maestri è voluta intervenire con una risoluzione in Commissione Lavoro.
“Non vogliamo demonizzare i buoni lavoro che, soprattutto in alcuni contesti, hanno consentito di combattere efficacemente il lavoro irregolare – spiega Maestri – ma la crescita esponenziale nel loro utilizzo non può non celare un loro evidente utilizzo improprio da parte di alcuni committenti, in particolare nei settori del turismo, del commercio e del lavoro domestico”. Per questo la deputata ha presentato una risoluzione con cui impegnare il governo a regolamentare meglio questo strumento. “L’obiettivo – sottolinea – è quello di circoscrivere la possibilità di utilizzo dei buoni lavoro alle sole attività veramente ‘occasionali’ anche riducendo il limite massimo dei compensi percettibili tramite voucher, oggi fissato a 7.000 euro all’anno. Per far questo è tuttavia necessario anzitutto attivare, nel più breve tempo possibile, una banca informativa nazionale e tavoli di confronto a livello regionale e con le parti sociali per contrastare il dilagare dell’uso improprio di questo sistema”.