Mons. Cocchi è stato per me Don Cocchi, nel senso che ho avuto, per ragioni personali, un rapporto profondo, quasi da direttore spirituale, trovando in lui, prima che un sacerdote, una persona profondamente sensibile, umana e rispettosa.
Il Vescovo non era da meno: la sua figura cardinalizia e involontariamente austera non impedivano che, nel rapporto con gli altri, trasudasse la sua umiltà e la sua apertura senza nessuna concessione al ruolo vescovile: sacerdote, parroco, prima di tutto!
Questo spiega la sua attenzione per l’emarginazione, concretizzatasi in significative opere.
Il rapporto con la politica è stato rigidamente (forse, fin troppo) ispirato al principio del “libero Stato in libera Chiesa”, con qualche sofferenza, ma con una profonda adesione all’insegnamento del concilio Vaticano II.