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A proposito di famiglie omogenitoriali, di M. Vescovi

30 gennaio 2017

Pubblicato in: Gruppo PD Comune PR

Per anni ho svolto la professione di medico di famiglia. Ho incontrato persone e ho visto molte storie che mi hanno consentito di ripensare -rileggendo gli accadimenti delle famiglie alla luce dei legami emotivi e affettivi che si sviluppano al loro interno-a biografie transgenerazionali. Con uno sguardo longitudinale che comprende il presente e il passato e con  un pensiero rivolto al futuro. Queste poche righe non sono che una riflessione -a margine di quella esperienza -sul ruolo genitoriale. Forse occorre circumnavigare il vasto territorio delle nostre resistenze culturali, dei nostri timori rispetto al cambiamento, alla diversità, delle nostre certezze preordinate, trasmesse e acquisite acriticamente, per riuscire a parlare davvero di famiglie omogenitoriali e, quindi, di genitori omosessuali. Forse occorre parlare davvero - per confrontarsi, per esprimere un'opinione, per dare ascolto al pensiero altrui - di genitori omosessuali e delle famiglie con figli che queste intendono costituire, bisogna prima di tutto parlare di genitorialità. Senza forse, senza se e senza ma, occorre interrogarsi sul vero significato - e sulle implicazioni - del “sentirsi” e dell’”essere” - genitore (come singolo)  e genitori (come coppia). Che cosa vuol dire desiderare di essere e sentirsi genitore/i ?La risposta riguarda tutti: etero e omosessuali. È a partire da una riflessione sul senso della genitorialità, dalla (ri)scoperta della essenza della genitorialità e dalla comprensione di ciò che autenticamente significa essere genitori che la discussione può fare passi avanti. Allora, la genitorialità è una funzione? E se è una funzione, lo è a partire dall'agito biologico del concepimento e della nascita di un figlio? Oppure è essenzialmente una funzione bio-psico-emotivo-affettiva? O forse è una funzione unicamente o prevalentemente centrata sulla dimensione relazionale, emotivo-affettiva? E se invece la genitorialità non fosse una funzione, ma uno stato, un modo di essere - individuale e di coppia- cioè una caratteristica del singolo e della diade coniugale? È possibile pensare che genitore - e coppia genitoriale - non lo “si diventa” ma lo “si è”? Cioè,  è possibile condividere l'idea che la genitorialità prescinda, preceda - persino, non preveda necessariamente - la presenza di un figlio, ma sia una traccia precisa, una tinta definita dell'essere - persona, uomo o donna - con la propria storia, che evolve e si costruisce in un tratto di vita prima individuale e poi di coppia? Se è condivisibile, questa idea impone giocoforza un cambiamento - radicale? epocale? - di prospettiva rispetto non solo e non tanto all’accezione del termine, quanto appunto allo spostamento della dimensione - da quello biologico o bio-psicologico a quello intrapsichico e della struttura di personalità - nella quale collocare e inscrivere la genitorialità, come potenzialità e come esperienza. Proprio l’esprimersi in potenza, a livello pre-esperienziale, fa sì che la genitorialità “sia” anche prima e al di fuori di una comune esperienza procreativa. Tuttavia, se si è disponibili e disposti ad accogliere una maggiore articolazione, lo spostamento dei confini del territorio della genitorialità, è indispensabile indicarne, comunque, i requisiti essenziali e intrinseci. E questi hanno a che fare, tutti indistintamente, con l'Amore. Amore genitoriale inteso come incondizionata disponibilità e capacità di accogliere il figlio  sostenendolo e accompagnandolo, contenendolo affinché sia libero, amandolo senza limiti e senza riserve, cioè sentendolo mai come “proprio” e sempre come “altro da sé”, mai come “espansione” o “estensione” di sé, sempre come “universo peculiare” di emozioni, di pensieri, di competenze, di tratti personali da far crescere e da lasciar esprimere. Amore genitoriale che si estrinseca nella dedizione della cura, nella costanza dell'impegno educativo, nella fermezza della forza morale, dell'onestà intellettuale e personale di pensieri e comportamenti che ogni adulto deve saper mostrare ad un figlio, bambino, adolescente e poi giovane uomo o giovane donna. Amore genitoriale così inteso, che è denominatore comune di ogni individuo che “pensi” se stesso come genitore o che “sia” genitore. E questo, ovviamente, non secondo un modello univoco, cristallizzato in un'unica immagine iconica: la genitorialità vissuta, agita, all'interno dell'unico modello di coppia e di famiglia, quello tradizionale. La qualità e l'intensità dell'Amore - genitoriale e di coppia - non sono determinati e determinabili dai caratteri sessuali degli individui, ma dalla caratura interiore, dalla storia personale e familiare, dalla strutturazione della personalità, dai tratti dell'identità psicologica, emotiva ed affettiva di ciascuno. Non esiste un Amore più giusto, più adeguato, più grande né una scala secondo la quale misurare la bellezza, la legittimità, l'intensità di un Amore, dentro una coppia e verso un figlio. Perché non esiste, se non entro stereotipi culturalmente definiti, un unicum, un calco sul quale plasmare ogni storia d'amore,  ogni relazione affettiva fra partner e fra genitori e figli. Per questo dovremmo mettere da parte ipocrisie e nascondimenti per ammettere che ogni amore ha pienezza di diritti - di essere, di esprimersi, di guardare al futuro - quando è riconosciuto e sentito come tale da chi lo vive. Dovremmo mettere da parte pre-giudizi e pre-visioni per riuscire a ri-conoscere, finalmente,  che anche le coppie omosessuali e le famiglie omogenitoriali possono vivere relazioni d'amore - di coppia e genitoriale - che hanno la bellezza e la pienezza, l'intensità e la grazia, la forza e la tenacia di tante altre storie e relazioni d'amore, di vicinanza e di sostegno reciproco fra i partner e fra questi e i figli. Dovremmo mettere da parte la paura di squarciare i veli che impediscono di vedere come nella difficoltà ad accordare pienezza di diritti - compreso quello ad essere genitori - anche alle coppie omosessuali si nasconde lo sterile egoismo di chi non sa guardare oltre le proprie sedimentate e irrinunciabili certezze.  Maurizio Vescovi-Medico


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