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In memoria di Sofia (di Maurizio Vescovi)

13 settembre 2017

Pubblicato in: Articoli PD Parma

Il caso della piccola Sofia, morta di malaria a 4 anni.

Ci sono parole pesanti come macigni.Anche quando le parole volano nel web,troppo spessoin un indecente anonimato.Chi fa politica-ancor più- ha ,sempre,grande responsabilità quando esprime il proprio pensiero su casi,questioni e persone.

Cosa c'è di più agghiacciante e tragico della morte di un bambino? Nulla.

La morte di un bambino reclama solo il silenzio-attonito e incredulo- della umana impossibilità di comprenderne il senso.

Invece, la morte della piccola Sofia è precipitata dentro un vortice convulso e incontrollato di parole.

È sconcertante seguire sui giornali, stampati e online, il tiro incrociato di dichiarazioni, di esternazioni da parte di uomini e donne della politica. Parole. Parole senza pietà, per una piccola vita che non è più, per un fiore che ha smesso di profumare. Parole senza troppo riguardo per lo strazio dei genitori, della famiglia di Sofia. Parole senza prudenza e senza reticenza per le altre persone coinvolte in questa tragedia – la famiglia del Burkina presente in ospedale negli stessi giorni di Sofia – e per le strutture ospedaliere coinvolte, nell’occhio del ciclone per il presunto caso di contagio da malaria.  

Lascia sbalorditi, allora, la girandola di dichiarazioni da parte di quanti, a pochi giorni, forse a poche ore dal decesso della bimba, avevano già individuato i colpevoli diretti, gli untori, e li indicavano con spavalda sicurezza nella famiglia tornata dall’Africa. Quindi negli immigrati. Immigrati, poco importa da quanto tempo, poco importano la storia familiare e quella personale. Chi le conosce. A chi interessa. Per certa politica – con la p minuscola – non fa differenza. Conta il dato di fatto che quelle persone vengono dall’Africa. Questo basta. Le parole di un Salvini, come di altri esponenti di una litigiosa e irriverente sottocultura politica ,sono andate più o meno in questa direzione di pensiero. Parole. Ci sono le parole  della strumentalizzazione della tragedia di Sofia, proferite per sostenere la necessità di mettere uno stop deciso all’accoglienza dei migranti - strumentalizzazione che è arrivata ad assimilare il caso-malaria di Brescia con il caso-stupri di Rimini –  parole non sostenute da alcun elemento scientifico e di conoscenza  e perciò indecenti.. E sono parole, sconcertanti per grettezza e brutalità(certi titoli di giornali!), le tante scritte a commento dell’una o dell’altra dichiarazione proveniente dalla politica, da parte di lettori di quotidiani online, che abilmente nascosti dietro i più assurdi nickname hanno animato nel peggiore dei modi una rissa mediatica di tutti contro qualcuno e di qualcuno contro tutti. Con tanto di conta dei favorevoli e dei contrari, segnalati dalla direzione del pollice raffigurato: verso o alzato, come nell’arena, qualche secolo fa.

A chi importa veramente di Sofia? La sua terribile vicenda, quel suo essere vittima di un errore? Di una disgraziata fatalità?Di una possibile negligenza? Lo accerterà la magistratura – si spera in tempi rapidi.La tragedia-perchè di questo si tratta- è diventata un pretesto, un’occasione per mostrare i muscoli, per schierarsi da una parte o dall’altra del campo in cui si gioca la partita immigrazione e per riempire spazi di carta stampata e virtuale.Solo le parole del nonno di Sofia,straziato e compreso nel Suo grande dolore squarciano lo scenario con una limpida e vivida luce:<......da nonno, ora penso a quelle due bambine, la piccola aveva la stessa età di Sofia. Spero che nessuno le faccia sentire in colpa, o che non si ceda alla tentazione di isolarle. Sono innocenti e non sono mai state un pericolo per nessuno.........>.

Allora dovremmo, tutti quanti, chiedere scusa a Sofia. Scusa, per la bulimia dei “grandi”, mai sazi di parole che diano un momento di visibilità.Scusa per l'eventuale-possibile-da scongiurare per il futuro-errore umano.

Scusa, per la puerile incapacità degli adulti di comprendere che molte volte è solo il silenzio a  trovare le parole giuste.

 

Maurizio Vescovi-Medico

 



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