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26 agosto 2009: Vincenza Pellegrino "I due motivi per cui sostengo Franceschini"



Ci sono principalmente due ordini di motivi per cui ho deciso di appoggiare Franceschini. Il primo è di natura prettamente 'politica', l'altro è di natura più 'strategica' rispetto alle evoluzioni interne del partito. Per quanto riguarda la cultura politica evocata da queste tre persone, penso vi siano differenze, seppure non sempre facili da cogliere. Penso che Marino sia un uomo molto dotato, portatore di una cultura dei 'diritti' e delle 'libertà' che insiste sull'individuo, che ne fa cellula responsabile della società contemporanea (per questo piace molto ai radicali). Io apprezzo e stimo molte delle sue posizioni, ma penso che in questo momento storico ci voglia una diversa sintesi delle culture politiche da cui il PD proviene, qualcosa che vada maggiormente nella direzione dell'INTERDIPENDENZA TRA LE PARTI, della solidarietà, qualcosa che mostri come l'individuo possa essere a pieno solo se 'collegato'. In tal senso la presenza di Franceschini allude ad passaggio politico del passato italiano, ad una cultura politica animata da una idea radicale di solidarietà, ad un riformismo sociale di ispirazione cristiana che poi tramontò a favore di altre correnti più conservatrici (penso a personaggi come La Pira che lui cita spesso e che a me paiono adatti a invertire la cultura politica dominante sia a destra che a sinistra). Forse Franceschini non è un personaggio politico forte come i maestri che cita, ma credo sia profondamente laico, e non si lascerà irretire da appoggi di fondamentalisti cattolici (non penso sarà questo il problema futuro della politica italiana, penso anzi che la chiesa è destinata ad un certo declinar di ascolto, da un lato, e all'elevarsi di voci interne più attente al sociale e meno conservatrici, dall'altro lato).

Credo che lui evochi una vena politica ancora viva nel paese anche se sopita, e che perciò sia adatto ad evocare 'identità realizzabili', a creare il nuovo ripescando da un linguaggio 'misto', politicamente composito (che fu di quelli italiani al contempo cristiani, laici e magari convinti socialisti o comunisti). Per quanto riguarda Bersani, io credo sia espressione di una importante storia politica che oggi però non riesce a ridefinirsi in termini di visione generale dell'uomo e della società: quali analisi seguono quella del capitale? quale visione del futuro? quella 'verde'? quella delle social democrazie nordiche e dei sistemi di 'welfare comunitario'? quale? Penso che se qualcuno proveniente dalla storia e dalla cultura comunista italiana riuscisse a fare un passo in più nella direzione di una visione nuova, a dipingere scenari complessivi per una nuova sfida (e non solo correttivi ai disastri dei conservatori italiani), allora mi interesserebbe molto, moltissimo. Ma non mi pare Bersani abbia questa caratteristica e non mi pare sia ancora emerso in italia questo personaggio politico: Bersani mi pare espressione di una colta e intelligente classe politica che io trovo troppo conservatrice come modello economico e sociale e troppo colpevolizzata del proprio passato (ha paura di essere additata come 'comunista') per confrontarsi e confliggere con le diverse parti (forti) di questo paese. Infine, tutti e tre i candidati - mi viene da dire spesso leggendo i giornali - hanno un deficit di 'capacità di futuro' (nessuno parla mai di 'governance globale', di cosa verrà dopo lo stato-nazione, di alleanze internazionali, di migrazioni e di produzioni trans-nazionali, di nuove società della conoscenza come società di produzione di beni 'immateriali' e di benessere 'immateriale' e non più 'materiale', di nuove forme di agricoltura sostenibile ecc. ecc.), come forse tutti noi (io penso spesso che toccherà ai nostri figli 'osare' perchè noi siamo stati educati solo a 'correggere').

Se devo tuttavia scegliere, chi mi pare possa evocare maggiormente spettri di coraggio (di conflitto inteso come positività, di solidarietà radicale tra le parti, ecc.) sia Franceschini: penso sia questo ciò di cui abbiamo bisogno,  più che dell'individuo libero e tutelato (Marino) o della capacità di amministrare l'esistente in maniera avveduta e competente (Bersani), e
quindi io guardo alla sua parte con più curiosità e convinzione. L'altro ordine di motivi della mia scelta è di natura organizzativa, vale a dire in previsione dell'evoluzione che ciascuno di loro può dare al partito. Marino è troppo 'contro' (così lo leggo io, almeno): forse non 'contiene' abbastanza la storia dei due partiti e forse si pone troppo da intellettuale riformatore (cosa che io apprezzo ma che allora si adatta di più all'idea di gruppi o partiti meno grandi, con minore vocazione di 'tenere dentro' la storia passata e maggiormente animati dallo scopo di 'contarsi tra simili'). Bersani invece mi pare troppo 'dentro' (ha con sè e dientro di sè persone e gruppi troppo influenti per storia da poter operare in maniera autonoma, è
la stessa sensazione che ebbi per Veltroni e che mi indusse a scegliere Bindi. E' vero che lui mi pare più autonomo ma è vero anche che alcune dinamiche non si gestiscono, chiunque tu sia). Inoltre mi pare abbia un modo di intendere il partito più proteso al governo locale e nazionale e all'amministrazione dell'esistente che non all'animazione della società e al
risveglio della cultura politica di un intero paese, cosa per me prioritaria.
Franceschini ancora una volta mi pare l'incognita maggiore, speranza di nuovo e di nuove allenze e lo variabilità interna al gruppo di coloro che lo sostengono secondo me ne è una prova. E così la mia scelta è questa. Ed in ogni caso, chiunque sia eletto segretario, spero sia l'inizio di una nuova stagione politica, di nuovi dibattiti sul futuro, di un autunno finalmente diverso.

Vincenza Pellegrino




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