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14 settembre 2009: Perchè sosteniamo Bersani e Bonaccini, con Rosy Bindi



Perchè sosteniamo Bersani e Bonaccini, con Rosy Bindi
Area «Democratici davvero» Emilia-Romagna


Noi che alle primarie del 2007 votammo Rosy Bindi per la segreteria nazionale e Antonio La Forgia per la segreteria regionale oggi sosteniamo Pier Luigi Bersani e Stefano Bonaccini.

Nel 2007 votammo Bindi e La Forgia per due ragioni essenziali: non ci convinceva il consenso plebiscitario attorno a Walter Veltroni, espresso con una pluralità di liste dietro alle quali si nascondevano opzioni diverse; così come non ci piaceva la riproduzione meccanica di quella composita coalizione attorno alla candidatura di Salvatore Caronna. La scelta per Antonio La Forgia aveva anche un significato simbolico: votare per una persona che in tempi non sospetti, con lungimiranza, si era battuto per la costruzione di un partito nuovo.

Oggi, con Rosy Bindi, ci pronunciamo con convinzione a sostegno di Pier Luigi Bersani per la segreteria nazionale e di Stefano Bonaccini alla segreteria regionale. Ecco perché.




Perché sosteniamo Bersani e Bonaccini


Il primo punto riguarda un'idea di partito, della funzione del partito rispetto all'Italia di oggi. Il PD dev'essere un partito aperto, un canale di comunicazione tra società, politica e istituzioni. Ma per svolgere questo ruolo il PD deve avere una sua sostanza, una sua riconoscibilità. Non ci serve un partito mediatico, che insegua le destre sul loro terreno, sul piano della mera comunicazione. Del ragionamento di Bersani ci convince soprattutto il richiamo alle più autentiche radici della prospettiva del PD: quelle radici non stanno nelle cronache dei DS e della Margherita, e neppure nella vicenda più nobile dei partiti che li hanno preceduti. Stanno in una storia più lunga, in quell'insieme composito di movimenti che, dopo l'affermazione dei principi di libertà e uguaglianza formale sanciti dalla rivoluzione francese, si batterono per fare dell'emancipazione del popolo, degli operai, dei braccianti, dei contadini l'architrave di una democrazia vera. Dentro quella storia ritrova il suo significato autentico la parola «sinistra»: che non appartiene a una singola tradizione di pensiero, e tanto meno a una tradizione partitica, ma è il patrimonio comune di quelle forze, laiche, cattolico-democratiche, socialiste che trovarono poi il loro momento più felice di incontro nella scrittura della Costituzione repubblicana del 1948. Questo è il vero messaggio che dobbiamo trasmettere ai giovani. Guardiamo al futuro, ma i valori di fondo sono quelli delle origini: promuovere l'uguaglianza delle opportunità, affermare i diritti fondamentali delle singole persone, qualunque sia la loro condizione sociale, pensare al destino dell'uomo come a una vicenda comune a scala globale.

Sostenere Bersani significa poi segnare una discontinuità con la formula dell'«andare da soli», incautamente lanciata da Veltroni a ridosso di una fase critica del governo Prodi, e che determinò il precipitare della crisi del governo di centrosinistra. Quella linea ha portato alla sconfitta alle elezioni politiche, in termini tali da assicurare al governo di centrodestra una maggioranza parlamentare di dimensioni fin qui inedite.

La terza ragione sta in logica continuità con i motivi appena esposti. Riteniamo che di fronte alla crisi drammatica della democrazia italiana, al rischio di riprodurre il berlusconismo oltre berlusconi, la questione cruciale per il PD stia nel presentarsi come la forza capace di costruire un'alternativa di governo credibile. Il partito è uno strumento. L'obiettivo è costruire un'alternativa di governo per l'Italia. Non è un problema di formule, di tecnicalità delle alleanze. È un problema, essenzialmente, di attendibilità delle persone che si candidano a costruire questa alternativa. In questo senso Bersani appare la persona più credibile a cui affidare il compito di fare del PD lo strumento di una nuova alleanza di centrosinistra capace di competere con le destre per governare il paese.

Pensiamo che tra elezione del segretario nazionale e dei segretari regionali a regime non dovrebbe esserci coincidenza temporale. Solo così si potrebbe costruire un vero partito federale. Prendiamo atto che lo statuto del PD stabilisce un modello diverso, di modo che i candidati alla segreteria regionale sono sostanzialmente agganciati alle candidature alla segreteria nazionale. Sosteniamo Stefano Bonaccini per la segreteria regionale a ragion veduta. Bonaccini è un giovane dirigente del PD, già sperimentato nell'attività amministrativa e politica, che ha l'energia e la voglia di lavorare a un obiettivo fin qui non realizzato a sufficienza: contribuire a costruire una vera dimensione politica regionale. Lo sosteniamo, quindi, anche perché il senso comune dice che i «doppi incarichi» tra cariche di partito e ruoli parlamentari non solo risultano impraticabili sul piano del tempo materiale ma contraddicono un'idea di fondo sulla natura e sulla funzione del PD. Il PD non dev'essere un partito di notabili, governato da chi svolge ruoli istituzionali, ma un partito vero capace di costruire un ponte tra società e istituzioni. Perciò il solo immaginare che europarlamentari, senatori e deputati facciano anche i segretari regionali contraddice in radice la concezione del partito nuovo che dobbiamo costruire.




Un congresso utile, al PD e al paese



Infine rivolgiamo un appello ai sostenitori delle diverse mozioni. Il PD è chiamato a definire la sua identità e la sua funzione in questo congresso, che ha un carattere fondativo. Il congresso del PD si svolge secondo una procedura complessa, che vede prima un pronunciamento degli aderenti, e poi una espressione più larga degli elettori. Di questa procedura dobbiamo fare virtù. La differenza tra partiti finti, governati da padroni di turno, e partiti autentici sta appunto in questo: che i partiti veri si formano attraverso una discussione e un confronto che coinvolge e chiama direttamente in causa le persone che quel partito intendono sostenere. Solo in questo modo il congresso del PD sarà utile. Ciò potrà accadere a condizione che dalla competizione tra le diverse proposte sia bandita ogni forma di faziosità. Stiamo discutendo del modo migliore in cui fare del PD uno strumento utile alla democrazia italiana. Ci battiamo tra diverse opzioni per fare del PD un partito più forte e credibile, per il paese, non per noi stessi.


promosso da:


Teresa Marzocchi


Luigi Mariucci


Stefano Alvergna (Bologna)


Giovanna Calciati e Gianni Centri (Piacenza)


Amos Castaldini (Ferrara)


Francesco Cavalli (Rimini)


Maria Stella D'Andrea e Marcello Stecco (Reggio Emilia)


Livio Filippi (Modena)


Valerio Guareschi (Parma)


Raffaella Guiducci (Forlì)


Massimo Ricci Maccarini (Ravenna)


Vincenzo Zacchiroli (Imola)






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